Studio legale internazionale: cosa fare per un familiare detenuto all’estero? - Quando un nostro familiare è detenuto all’estero come possiamo aiutarlo.
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Una delle situazioni più difficili da affrontare nella vita è sapere che un nostro parente come ad esempio fratello, sorella, padre e cosi via si trova in prigione in un paese straniero. Naturalmente ci si preocupa delle sue condizioni ed il problema più grosso da sormontare naturalmente è quello della distanza e del fatto che è molto più difficile comunicare con il familiare. Oltre a questo poi ovviamente ci si chiede cosa bisogna fare per aiutarla e come possiamo aiutarla.
Infatti le difficoltà sono molte non solo per il soggetto che si trova in carcere lontano da tutto e da tutti, ma anche per i suoi familiari la situazione è lontano dalla propria realtà allo stesso modo come per il prigioniero. Il primo passo da fare per cercare si aiutarlo è quello di conttatare il consolato, se il detenuto non è ancora riuscito a farlo, e cercare di fargli avere un avvocato il più presto possibile.
Di solito una volta che il prigioniero viene messo in contatto con un rappresentante del consolato, quest’ultimo fornisce una lista di avvocati che possono fare al caso. Poi i familiari naturalmente possono consultare anche in modo autonomo e a proprie spese altri studi legali e avvocati se credono che sia meglio cosi.
Cercando su internet ad esempio si possono trovare tantissimi nominativi di avvocati specializzati in diritto internazionale. Una volta che i familiari hanno avuto tutte le informazioni possono assumere loro stessi un avvocato per la difesa del loro parente. Poi ovviamente si cerca di raggiungerlo fisicamente nel paese dove si trova.
Una volta raggiunto il nostro familiare detenuto all’estero quali sono i passaggi burocratici da percorrere
Una volta che la famiglia del prigioniero detenuto all’estero ha contattato il consolato per cercare di avere delle notizie sulle condizioni generali del proprio caro, naturalmente si parte per cercare di incontrarlo se è possibile. Come ben possiamo immaginare tutta questa situazione non è tra le più facili e la burocrazia certo non facilita le cose.
Le persone che possono vedere il prigioniero sono i familiari e quelle che vengono chiamate terze persone. Per familiari si sottointende il coniuge, ovvero il marito o la moglie. Poi il convivente, se la persona non è sposata, e i parenti e gli affini entro il quarto grado. Invece quando si parla di terze persone si intende persone che hanno dei forti motivi per incontrare e parlare con il soggetto che è detenuto. Ovviamente per poter ottenere un colloquio con il proprio familiare bisogna munirsi di un apposito documento.
Infatti nel momento che è stata pronuciata la sentenza di primo grado i familiari che vogliono avere un colloquio con il prigioniero devono avere un autorizzazione la quale viene fornita dal direttore dell’istituto. Nel caso invece quando l’imputato è in attesa della pronuncia della sentenza di primo grado, il permesso di colloquio per i famigliari deve essere fornito dall’autorità giudiziaria.
Quando una persona si ritrova detenuta all’estero chi è che presenta la domanda per i colloqui
Una persona che per una ragione e per un altra, colpevole o meno, si ritrova ad essere messa in carcere all’improvviso si ritrova tutta sola. Lontana dalla sua cultura, dalla sua realtà di tutti i giorni e soprattutto lontano dai propri cari.
Anche se le procedure burocratiche possono essere molto lunghe e complicate, una volta che i famigliari sono riusciti a raggiungere il paese dove l’individuo è detenuto, si possono ottenere dei colloqui. La domanda per chiedere questi colloqui viene fatta dal detenuto e non dai suoi famigliari. I famigliari però possono andare a incontrare il proprio parente anche senza la sua esplicita richiesta . il detenuto poi può accettare il colloquio oppure rifiutarlo.
Se invece il detenuto fa richiesta per un colloquio con terza persona, ovvero con una persona che non risulta essere un parente, nella sua richiesta deve specificare in modo chiaro le ragioni per le quali vuole avere questo colloquio. L’autorizzazioni per il colloquio poi viene fornita dal direttore. Nel caso di un incontro con i famigliari si verificano semplicemente i requisiti. Per l’incontro con terze persone invece è il direttore che decide se acconsentire il colloquio o meno.
Per avere un colloquio con il proprio congiunto detenuto all’estero quali documenti bisogna presentare
Nel caso di un parente stretto incarcerato in un paese straniero, le difficoltà sono molte e quello che si può fare per aiutarlo purtroppo spesso è molto poco. Quello che si può certamente fare è di cercare di incontrarlo per assicurarsi di come sta e naturalmente per tenerlo su di morale e fargli sapere che non è solo. Una volta che si sono superati alcune delle molte difficoltà e si ha in mano l’autorizzazione per un colloquio i documenti che i parenti devono presentare per fortuna non sono tantissimi.
Infatti quello che serve per il coniuge o un familiare è un documento di riconoscimento e l’autocertificazione sull’esistenza del rapporto di parentela. Per la terza persona invece il documento che serve è un documento di riconoscimento e una certificazione sulla mancanza di carichi pendenti, di sentenze penali di condanna o di essere sottoposti a misure di prevenzione.